Lecce (salento) - Da una parte il segretario provinciale, Capone, dall’altra il sindaco di Melpignano, Blasi. C’è bisogno o no di un rinnovamento del Partito Democratico nel Salento all’indomani della sconfitta della candidata presidente della Provincia, Loredana Capone, al ballottaggio di domenica scorsa con il “signor nessuno” del Pdl, Antonio Gabellone?
(Franco Antonacci) - L’altro giorno si è riunita la segreteria provinciale, è stato avviato un dibattito sull’analisi del voto che prossimamente sfocerà nell’assemblea provinciale.
Dice Salvatore Capone, segretario provinciale in carica: “Un salentino su due ha votato Loredana anche se abbiamo perso sul filo di lana. Ora occorre ripartire da questo dato per riproporci in futuro. In questi mesi il gruppo dirigente del partito è stato costantemente impegnato coinvolgendo tanti giovani alla loro prima esperienza. Rinnovamento? In questo momento tutto va riportato all’assemblea. Il problema è la proposta politica, ovvero: quale partito democratico vogliamo all’interno di un quadro nazionale e regionale?”.
Di tutt’altro parere Sergio Blasi, sindaco di Melpignano fresco di elezione in Consiglio provinciale in quota Pd e soprattutto sfidante della Capone nelle primarie per la candidatura alla presidenza della Provincia. Dopo alcuni giorni ieri ha deciso di rompere la consegna del silenzio che si era imposto. “Non faccio analisi sui numeri che sono importanti ma mi fermo al dato politico: Dal 1995 al 2009 abbiamo governato la Provincia di Lecce. Adesso non più. Le mie posizioni erano note e quindi tutti sapevano che avevo un’altra idea in testa. Ho provato a raccontarla ma il gruppo dirigente ha deciso di prendere un’altra strada. I gruppi dirigenti si scelgono in base a quello che fanno”.
Lei è stato il primo segretario provinciale di Lecce del Pd, salvo dimettersi dopo le politiche del 2008. Ora ritiene che ci sia bisogno di una discontinuità?
“Veramente siamo in un periodo congressuale e tutto ciò sarà oggetto di discussione. Ritengo, tuttavia, improprio partire da lì. Piuttosto sarebbe opportuno cominciare dal nodo delle alleanze e del candidato da mettere in campo. Da questo punto di vista mi pare di essere arrivati tardi con il progetto. Non ero d’accordo sul metodo e nel merito. Poi bisogna prendere atto delle elezioni e i cittadini si sono espressi abbastanza chiaramente. Hanno cioé dato un giudizio chiedendo un cambio a Palazzo dei Celestini. Il mio è che si era al di sotto della sufficienza. E’ mancato da parte nostra un progetto di cambiamento che è in atto nel Mediterraneo. Che ruolo pensa di svolgere il Salento? L’idea della continuità non mi piaceva non per marcare una differenza netta rispetto a Pellegrino ma perché necessario rispetto al nostro tempo”.