Lecce (salento) – “Se vogliamo davvero ripartire, dobbiamo saper vedere cosa è successo in questa tornata elettorale, per trarne tutte le conseguenze sul piano delle alleanze politiche e nel processo di costruzione del PD. Che non abbiamo avuto un successo è superfluo dirlo.”
E’ quanto dichiara in un comunicato Umberto Uccella, componente dell’Assemblea Regionale e Provinciale del Pd e Presidnete STP di Terra d’Otranto che prosegue “Ed il risultato salentino del PD e del centrosinistra –seppur non disprezzabile- è molto lontano dal definire i contorni di uno schieramento maggioritario. Non tragga in inganno la manciata di voti che ci distanzia dalla destra nel ballottaggio alle elezioni provinciali. C’è un astensionismo andato ormai di gran lunga oltre la soglia d’allarme, che ci falcidia in modo consistente. E c’è un risultato nelle amministrazioni comunali che è grave ed è l’effetto delle difficoltà politiche e dei problemi irrisolti nei nostri gruppi dirigenti. Quel dato chiama in causa la nostra capacità di esercitare una funzione politica nell’insieme del governo locale e di uscire, perciò, da una condotta meramente municipalistica nei comuni.
Parlo degli indirizzi di governo e degli interlocutori a cui ci rivolgiamo. E parlo della necessità di costruire un partito vero. Sì, perché oggi, spesso, veniamo percepiti –e non a torto- come un confuso movimento dai tratti, prevalentemente, populistici, demagogici e plebiscitari.
Il programma è decisivo. Soprattutto ora che il Salento non è più un lembo marginale dell’Europa, ma va avvicinandosi sempre di più all’epicentro delle grandi questioni aperte su scala mondiale. Al crocevia tra nord e sud del mondo e tra l’Asia, l’Africa e l’Occidente. Su questo, ha ragione Blasi: il nostro assillo dovrà essere quello di una politica all’altezza di quella collocazione ed il nostro meridionalismo andrà coniugato non come il rivendicazionismo residuale di un movimento locale, ma come una grande occasione italiana ed europea di crescita e di sviluppo sostenibile sul piano ambientale e su quello sociale.
Questa è la sfida. Per l’intero partito. Non la sfida di un gruppo consiliare o, persino, di un singolo consigliere. Ed è su questo terreno avanzatissimo che collocherei il confronto dell’insieme del centrosinistra con l’UDC e con il movimento della senatrice Poli Bortone. Solo così, con un colpo d’ala e con una effettiva convergenza di indirizzi e di obiettivi, il PD potrà guardare oltre la vecchia Unione e mettere in piedi quella nuova alleanza per il Mezzogiorno, di cui – non a caso- si è fatto interprete Massimo D’Alema.
Ma, per questo progetto, non saranno indifferenti i caratteri del soggetto politico che dovrà perseguirlo. Si torna al partito. Il PD non può essere un partito liquido costruito attorno ai sindaci e agli amministratori. Non può essere un partito in cui i gruppi dirigenti coincidono con gli eletti a tutti i livelli e nel quale la supplenza di questi nelle funzioni politiche sia totale. Se, tutto sommato, continuassimo ad essere questo, saremmo in balìa degli umori e dei calcoli del notabile di turno pronto ad ogni avventura. Le vicende recenti ne sono la testimonianza.
Ciò che occorre è ben altro. Serve un partito riformista, radicato nella società e nel territorio. Che non si affidi allo schema logoro della dialettica vecchio/nuovo e che, al contrario, assuma il cambio generazionale nelle classi dirigenti come un processo di affermazione progressiva di donne e uomini dotati di esperienze, capacità e competenze. Prendendo atto, definitivamente, che un rinnovamento di stampo giacobino ha fatto fallimento.”